GLI ULTIMI

Il titolo "GLI ULTIMI" si riferisce a querllo del film che Padre David Maria Turoldo girò nel 1962 . Esso tratta dell'emigrazione degli italiani, in particolare dei friulani e "ULTIMI" sono coloro che non si arrendono e che , nonostante la vita dura rimangono legati alle loro radici ed alla propria terra
e non partono.

sabato 28 novembre 2009

RIFESSIONI SUL DOLORE autori vari

PENSIERI SCELTI DA:
HA SENSO LA SOFFERENZA ?
Di Xavier Thevenot EDIZIONI Qiqajon Comunita’ di Bose

PRIMA PARTE : INTRODUZIONE di Luciano Manicardi, monaco di Bose

IL LINGUAGGIO DELLA SOFFERENZA

Ciascuno reagisce in modo personale e non standardizzato alle stesse malattie; la sofferenza, poi, sia fisica che psichica, mentre spersonalizza, può persino personalizzare, può condurre una persona a ritrovare il linguaggio suo proprio, quello smarrito in una vita di doveri e di esteriorità, di apparenze e di menzogne.
Qual è la lingua di questo territorio così comune e così estraneo? Come si comunica in questo paese in cui possiamo giungere a sentire estraneo il nostro corpo, fastidiose le relazioni con gli altri, insulse le loro parole e inutili le nostre? Virginia Woolf, la cui intera vita fu segnata da sofferenze fisiche e psichiche, afferma che nella situazione di malattia si è più sensibili al linguaggio evocativo, simbolico e musicale della poesia che alle lungaggini della prosa.
Perché la malattia rende più sensibili alla poesia? Forse perché la parola poetica riduce la realtà all’essenziale, così come la malattia riduce la creatura alla sua corporeità. Forse perché la parola poetica passa al vaglio il corpo delle parole e ne raggiunge l’anima.
La sensibilità acuita del malato pone un’esigenza aspra ai sani che gli stanno intorno: di pronunciare parole vere di relazionarsi a lui, malato, nella verità.
Le parole “false” sono le frasi di rito, quelle rassicuranti, quelle che si dicono per dovere.
Nella sofferenza anche le relazioni familiari e amicali possono conoscere brutali scossoni, o vere e proprie rotture: il conoscente e il visitatore possono diventare il nemico, l’oggetto su cui sfogare la propria frustrazione e la propria rabbia.
Un cristiano non conosce alcuna strada che aggiri il dolore, ma piuttosto una strada – insieme con Dio – che lo attraversi. Xavier Thevenot indica di cogliere la sofferenza come occasione per vivere il cammino pasquale dietro a Cristo.

SECONDA PARTE Xavier Thèvenot (1938-2004, salesiano. Fu professore all’Institut catholique di Parigi)

AL CUORE DELLA SOFFERENZA

Molteplici sono i modi di vivere la sofferenza. C’è quella fisica, quella psichica, ci sono i lutti, gli abbandoni, le sofferenze di origine sociale, le crisi spirituali .
COSA FARE DAVANTI A TANTA SOFFERENZA?
“Non mi capisco più. Sono un altro rispetto a chi ero prima di soffrire … Quando è forte, la sofferenza mi possiede, mi violenta. Non sono più padrone di me stesso.
Di noi si impadronisce anche una solitudine estrema. Chi è in grado di capire ciò che c’è di unico nel mio dramma interiore, nella mia prova fisica, psichica? Conosco allora la tentazione di rinchiudermi in questa solitudine … e , nello stesso tempo, una parte di me vorrebbe comunicare.
Quanto mi succede non ha senso: ciò che prima mi procurava la gioia di vivere, il corpo, la famiglia, i figli, la Fede, oggi mi disorienta. Crollano tutte le certezze facili che sorreggono la fede e l’amore.
Ci sono persone che hanno sempre pronte spiegazioni della sofferenza. I teologi, i preti, gli amici pieni di buone intenzioni che non esauriscono mai i discorsi e le belle teorie.

NEGLI AMBIENTI CRISTIANI LA PRIMA RIFLESSIONE CHE SI SENTE E’:
“STAI SOFFRENDO, MA DEVI SAPERE CHE DIO PROVA IN MODO SPECIALE CHI AMA. LA TUA SOFFERENZA E’ SEGNO DELLA SUA PREDILEZIONE PER TE”
Queste teorie non sono affatto conformi al cristianesimo autentico ( Gv10,10;15,11: “ Sono venuto perché abbiate la vita in abbondanza. Vi do la mia gioia. Nessuno potrà rapirvela”).
ALTRI DISCORSI
“ SII FELICE perché LA TUA SOFFERENZA SERVE A SALVARE IL MONDO”.
Sembra che la mia sofferenza sia utile a qualcuno? Mi spunta un dubbio. La sofferenza in quanto tale isola, deprime, spezza le forze di vita, con il suo peso può schiacciare chi mi è vicino e, quando è davvero forte, mi può far desiderare di farla finita con i miei giorni. In poche parole la sofferenza disumanizza!
“STAI SOFFRENDO? Offri le tue sofferenze a DIO”
Ma quale Dio, quale padre potrebbe ricevere in dono ciò che disumanizza, mutila? Non sarebbe forse un Dio perverso?
Già non è facile trovare il senso della mia sofferenza , certe parole non mi aiutano a riconquistare la parte di me che mi sforzo di vivere dentro la prova.
COME UMANIZZARE ED EVANGELIZZARE LA SOFFERENZA
Ciascuno ha un modo unico al mondo di subire e assumere la sofferenza.
Quando si vivono certe sofferenze psichiche o fisiche intense, si è ridotti al panico dell’animale. Si è puro grido davanti al male, desiderando che finisca il più presto possibile, non importa come.Di sicuro non è in questi momenti che ci si prende del tempo per fare delle domande, per pensre, per parlare o per pregare. Se ne è incapaci. E’ il tempo delle lacrime, dei gemiti, delle urla, del silenzio pieno di morte. Solo dopo, allontanandosi la sofferenza brutale, possono venire le riflessioni, se non si è troppo indeboliti.
In buona salute ricostituiamo il ricordo della sofferenza un po’ artificialmente ma davanti ad un malato che soffre capiamo bene che non è il momento dei grandi discorsi, ma di una presenza discreta.
Nell’evangelo c’è solo un uomo che riesce a scambiare delle parole con Gesù mentre soffre sulls croce ed è un altro uomo come lui in agonia sulla croce. Ciò fa riflettere: solo i sofferenti possono capirsi al volo.

“ Solo quello che costruisce e libera l’essere umano redime. Ora la sofferenza in sé non lo fa, di conseguenza non può redimere. Lo fa, invece, il modo in cui ciascuno cerca di umanizzare la propria vita dentro le sue sofferenze” XAVIER THEVENOT

“Cristianizzare è rivolgersi a Dio nella supplica.Ma anche avere la forza di farsi aiutare per sperimentare la presenza di qualcuno che ti sta accanto con rispetto ed umiltà. Se c’è una piccola sorgente d’amore forse c’è anche una grande falda che la alimenta : Dio.” XAVIER THEVENOT




Liberamente tratto da “ TERRITORI DI CONFINE”
di Cinzia Cavallo
Edizioni Poesia
Se…
Se avessi scelto,
avrei tenuto per me
solo la gioia intensa…
Avrei accolto in me
l’energia che salva,
mentre consola…
Avrei allevato la speranza
nel grembo della fiducia.
Mi è toccato il dolore,
cerco di usarlo…per crescere.
TRA REALTA’ E POSSIBILITA’
Se già il corpo stupisce per la meravigliosa sincronicità con cui ogni sua parte funziona,…
è il contesto delle emozioni che affascina da sempre gli uomini.
Incredibile e verosimile si misurano e si alternano continuamente.
E’ esiguo e flessibile il confine che separa “realtà “ e “possibilità”
Nella possibilità sta il potere, che parla spesso col rumore delle armi e che ascolta solo se stesso.
Nella realtà sta la sofferenza che fa ripiegare le persone su se stesse ma, se non arriva a pietrificarle nel’angoscia e nella depressione, apre a possibilità impreviste di conoscenza e di crescita.
Nella realtà è contenuta anche la consapevolezza del limite e la tensione a trascenderlo con la conseguente paura di essere andati troppo oltre.
Della realtà partecipa anche l’impegno, che spinge a lasciare il luogo sicuro della propria intimità
per dilatarsi ed includere anche i problemi degli altri in un mondo reso più solidale.
Infine nella possibilità opera la creatività che ci sfida a trovare soluzioni originali a difficoltà
antiche come il mondo.
La stabilità interiore, che è al centro, permette di guardare con il giusto distacco alle vicende
della vita arruffate da passioni incontrollabili.
Così…
Così accade di scoprire che un dolore,
che ha fermato per tanto il cammino,
ha portato poi ad esplorare territori di confine
ed angoli impensati di saggezza ;
che qualcuno si è perso nelle paludi
e tanti, impauriti, si sono fermati
sulla soglia della conoscenza.
Ma chi ha continuato, facendosi guidare
dall’aria tumultuosa della possibilità,
ha seguito una pista fresca,
che l’ha riportato al centro del suo essere.






DA” DOPPIA ESPERIENZA”
di Anna Brusco
…in questi ultimi mesi sono poco ampi i miei orizzonti e la mia mente è spesso rivolta alla mia malattia, anche perché il mio corpo me la ricorda spesso.
Ho letto da qualche parte che il dolore fisico, qualunque esso sia, stravolge e inibisce la formazione del pensiero. L’unica preoccupazione è riuscire a provare sollievo.
Dicono che il dolore fa cambiare , fa crescere… Io credo che si verifichi se dal dolore se ne esce.
E’ come partire da una pianura tranquilla e verdeggiante,
inerpicarsi su una montagna attraverso un sentiero ripido e periglioso:
si è concentrati sul terreno, su dove si mettono i piedi
per non cadere, si ascolta il respiro e il battito del cuore.
Non si riesce a sollevare più di tanto lo sguardo
e…non sempre si intravede la meta.
Se ( se…) poi va bene si arriva sulla cima,
che può essere una vetta o un pianoro.
Se si guarda attorno gli occhi abbracciano un orizzonte ampio:
nel primo caso si resta tra le nuvole,
nel secondo coi piedi per terra:
in entrambi i casi… si riprende a ragionare,
si è consapevoli del dislivello
e di quanto si sia cresciuti!
Conta molto se in questa esperienza ti mettono nello zaino:
la solidarietà, il sostegno e l’affetto di qualche compagno di viaggio,
la luce per i momenti più bui,
la ricetrasmittente per contatti speciali
e se all’arrivo c’è qualcuno che ti aspetta e ti accoglie
così come sei: provato pieno di cicatrici …ma VIVO !


Questo post è già abbastanza denso perciò cercherò soprattutto di trasmettervi lo stupore che mi ha scatenato un forte batticuore nel leggere un articolo , scritto nel 2o14
da un sacerdote , DAMIANO MODENA  , SUL CORRIERE DELLA SERA , PER RICORDARE A DUE ANNI DALLA MORTE , Mons  Carlo Maria MARTINI
 dove si dice che , per l'arcivescovo la montagna era come la vita.
:IN VETTA LE PROSPETTIVE SI SOMMANO  ... DA LASSU' A 360 GRADI SI PUO' GODERE DI UNA VISIONE D'INSIEME.
.. SI PUO' SCALARE DA VARI VERSANTI
 LA  MONTAGNA SIMBOLO DI VITA
Tratto da articolo  di Damiano Modena
La vita è una montagna che si può scalare da più versanti , ciascuno parte dal campo base con esperienza zero. Anche Martini, da uomo e da Gesuita,  da  arcivescovo e da malato, è partito da livello zero.
Ma non era uno scalatore sprovveduto, sapeva che per raggiungere la vetta ( da dove sapeva si poteva godere di una visione d‘insieme .) servono strumenti adeguati  :
la bussola del discernimento,la corda dell’esperienza altrui, l’acqua fresca della  condivisione, il cioccolato dello stupore e il respiro della scrittura che dà senso al cammino quando la cima del monte appare lontana.


“ CANTI ULTIMI “
Di DAVID M. TUROLDO
…non so quando i sensi
finiranno di gemere
e il cuore sopporterà la luce.
E la mente (oh, la mente!)
già ubriaca, sarà
finalmente calma
e lucida…








IMPRONTE
Chi è passato prima di te
ha lasciato la sua impronta
…che ti può orientare
ma anche indicarti tante direzioni:
starà in te scegliere poi
la strada giusta.


…qualcuno ti può anche indicare la strada, ma….
“Ognuno deve cercare a modo suo,
ognuno deve fare il proprio cammino,
perché uno stesso posto può significare cose diverse
a seconda di chi lo visita.
Quel che può essere una medicina per l’uno
puo’ essere niente o addirittura un veleno per l’altro.”
Da “ Un altro giro di giostra”di Tiziano Terzani





5 commenti:

  1. ne so poco di dolore.
    per mia fortuna. e per inesperienza non posso parlare, ma ci lavoro tutti i giorni con il dolore, ed imparo, pian piano qualcosa.
    imparo che non è facile, che spesso non c'è soluzione, che spesso ci si accanisce.
    e che tutte queste forme sono potenziali tecniche di aumento o riduzione del dolore.
    e che ci si impara a convivere, ma non vuol dire che fa meno male.
    che ci sono tante cose che succedono, e che non sono giuste o sbagliate, semplicemente accadono.
    ho scritto un racconto, per quel poco che ne so del dolore.
    per quel niente che provo ogni giorno a condividere con chi lo vive.
    vorrei che lo leggessi, se e quando ti va.

    http://www.raccontinellarete.it/?p=2378

    RispondiElimina
  2. solo ora leggo il tuo commento.
    mi manca il nero della stampante. appena possibile ti leggerò.

    RispondiElimina
  3. con calma sulla carta... lo preferiscp

    RispondiElimina
  4. letto e già passato ad altri ! mi piace il tuo modo di narrare e ciò che scrivi: l'argomento ma anche lo svolgersi dei fatti nella quotidianeità ed il linguaggio, il modo di comunicare dei bambini, sani o malati che siano...
    ma lo rileggerò ancora perchè una volta non basta .
    magari poi ti dirò cosa mi ha colpito di più.
    buona notte e grazie

    RispondiElimina
  5. mi fa piacere. :)
    tanti anni con i bimbi mi rendono un po' una di loro.
    tante volte abbiamo emozioni che si possono esternare solo con parole che fanno racconti di altri mondi e altre vite.
    ma che non sono poi così lontani da quello che siamo.

    un abbraccio!

    RispondiElimina