GLI ULTIMI

Il titolo "GLI ULTIMI" si riferisce a querllo del film che Padre David Maria Turoldo girò nel 1962 . Esso tratta dell'emigrazione degli italiani, in particolare dei friulani e "ULTIMI" sono coloro che non si arrendono e che , nonostante la vita dura rimangono legati alle loro radici ed alla propria terra
e non partono.

giovedì 20 agosto 2009

A MIO PADRE




A MIO PADRE



Lorenzo Brusco , nostro padre, nato il 28 agosto del 1914, ci ha lasciati il 21 ottobre 1993.
All’età di circa tre anni, venne investito da un camion militare ( si era in piena guerra ‘15-‘18). All’epoca gli ospedali non potevano contare su molti medici, per la maggior parte impegnati al fronte, così Lorenzo, visse il trauma dell’esperienza in ospedali lontano dai suoi cari e tornò a casa con una lunga cicatrice alla gamba destra , con fratture ossee mal ricomposte e senza più la possibilità di correre come i suoi coetanei. Per quell’infortunio non percepì mai alcun risarcimento né la vita potè restituirgli quel pezzo di infanzia rubatagli dalla guerra. Anche la seconda guerra mondiale lasciò in lui dei segni. Aveva circa 20 anni quando venne assunto dalla fabbrica “Worthington Pump” a Milano e in quel lavoro, che gli piaceva, investì il suo futuro. Nel 1936 frequentò un corso serale di una scuola di Meccanica e di Disegno di Macchine di cui conservava le tavole che ci mostrava orgoglioso. Abbiamo ancora un suo attestato del corso su cui si legge:” L’attenzione prestata alle lezioni, lo zelo dimostrato nell’adempimento dei lavori scolastici, e il lodevole esito conseguito negli esami lo hanno additato meritevole della Menzione Onorevole”. Conobbe nuovi amici e condivise con loro impegno e svago. Soleva dire che solo a Milano ci si rende conto che la terra è rotonda, perché ci sono delle così lunghe distanze che l’orizzonte appare talmente lontano da sembrare curvo..
I primi bombardamenti sulla città lo fecero ritornare a Bardolino e dovette rinunciare al suo sogno di fare il meccanico. Non risultando idoneo alla guerra, si mise a lavorare col padre Albino che era falegname . Per tradizione i maschi della sua famiglia erano bottai e carrettieri. I loro arnesi erano enormi compassi in legno e tutto ciò che serviva per costruire o intervenire su doghe, cerchi, ruote di carro e altro. Ma in un paese di contadini e pescatori non si potevano ignorare le richieste relative a riparazioni o costruzioni di parti di barche e di attrezzi da pesca , di mastelli in legno, di “cavalletti” per i torchi, di attrezzi agricoli o per vinificare…Sui suoi manufatti spesso lasciava uno scritto, una battuta e quasi sempre la data e la firma. Ad esempio sull’ asse con l’inginocchiatoio usata per lavare “le robe” al lago ( in dialetto “brela”) scriveva “ lavatrice a mano”.
Nella sua Bottega di lavoro si trovava di tutto. C’era persino un paio di corna che si premurava di attaccare alla porta di casa il giorno della festa del papà.
Nonostante le sue difficoltà motorie, fin da giovane era appassionato a molti sport come calcio, ciclismo, box, ed era un abile nuotatore. Fu addirittura uno dei tre fondatori del Bardolino calcio .
Il suo mezzo di trasporto era una vecchia bicicletta da donna, anzi no, da prete e che, data la sua mole degli ultimi tempi, aveva una sella fuori dal comune. Lui si spostava raramente dal paese, che a suo dire non reggeva a confronti, ma leggeva il giornale quasi tutti i giorni e si circondava di ritagli con notizie che riguardavano la gente , i fatti sconvolgenti e quelli originali o divertenti. Appendeva le fotografie di familiari ma anche di leader religiosi o politici di fazioni tra loro opposte quasi a voler ricomporre lì, nel mondo del suo laboratorio, le fratture di quello esterno.
La casa di Lorenzo era sulla via che porta alle scuole e si può dire che l’uscio di casa era una delle sue postazioni preferite per lanciare ai passanti delle frasi ora sibilline ora ironiche. Quando si sedeva fuori ai tavolini di qualche bar, attirava avventori, perché i suoi modi di dire e le sue battute favorivano il buon umore.
Le sue entrate non erano un granchè. Eravamo sei in famiglia e spesso veniva pagato in natura: un salame, una gallina, delle uova , vino, olio. Non pretendeva che lavorassimo per alzare il tenore di vita ma ci teneva che andassimo a scuola e proseguissimo negli studi, perciò lavoravamo d’estate per comperare i libri scolastici e pagarci la corriera.
Era orgoglioso dei suoi figli ma lo manifestava più con gli altri che in famiglia , la quale restava comunque per lui il luogo dei suoi affetti più cari.
Come tutti, viveva alcune giornate durante le quali non aveva voglia di incontrare gente. Si vantava di non avere padroni, di non avere molto ma anche di non dovere niente, o quasi, a nessuno.
Per fare dei lavoretti a domicilio aveva l’accesso alle case altrui , un modo come un altro per conoscere più da vicino le persone, le loro esistenze e constatarne i diversi livelli di generosità. Il giorno del suo funerale pioveva e la chiesa straripava di gente pur non avendo pubblicato il necrologio sul giornale. L’omelia funebre venne tenuta da uno dei sacerdoti che lo conobbe:”Lo ricordiamo per la sua semplicità, per il gusto della condivisione con altri, anche per le sue battute pungenti,il suo ottimismo. Ci ha trasmesso il senso delle cose essenziali, di una vita senza falsi perbenismi.”
A distanza di anni, la mamma e noi figli, sentiamo ancora il vuoto per la sua mancanza e, nella memoria collettiva del paese, rimane ancora viva la sua immagine. A Bardolino molti ancora ci riconoscono e ci restituiscono la simpatia che da sempre nostro padre ha saputo trasmettere nelle sue originali relazioni con gli altri.

COMMENTO DI FLAVIO MARTINELLI

Ho conosciuto la simpatica famiglia BRUSCO , si può dire, … da sempre. Complimenti ad Anna per la biografia del “Renso”, che comunque non ne ricalca tutte le doti che si nascondevano dietro la facciata del simpaticone del Paese. Non conoscevo l’usanza delle corna appese ad hoc nella ricorrenza della festa del papà, ma l’aneddoto mi ha divertito non poco. Piuttosto ricordo una sua abitudine quando, sempre più raramente , ci si incontrava per le vie di Bardolino; a lui non sfuggiva il mio incedere frettoloso e distratto quando camminavo rapito dai pensieri del quotidiano. La sua voce mi faceva trasalire: Flavio, setu ‘rabià? E questo succedeva ad ogni nostro incontro; io a piedi, lui in bicicletta. Appurato che il mio comportamento nulla aveva a che fare con atteggiamenti negativi, cominciava a dialogare, non senza qualche frecciatina a destra e a manca; gli argomenti erano “ el Vito “ suo figlio e mio ex compagno di classe, e qualsiasi discorso che per me erano una panacea che mi lasciava un buon umore che si prolungava nel tempo. Lui se ne rendeva conto e non poteva essere altrimenti viste le sofferenze subite durante la sua vita. ( i particolari legati alle due guerre li ho conosciuti solo stasera leggendone la biografia sul presente sito. ) E’ anche per la sua assenza che molti ex bardolinesi disertano il paesello natio che, oltre al lago e al panorama, poteva vantare la presenza di personaggi unici che ti facevano subito sentire “ A CA’ “. Flavio Martinelli.

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